Avevo visto una foto. Poi il
silenzio. Avevo visto una foto con lo sguardo di chi guarda con libido. Ed ora
me ne vergogno profondamente. Poi il
silenzio dell’attesa. Una mattina. Il cielo trasparente della Sicilia. Fermo su
me stesso per circa un minuto. Cosa che non è mai capitata da quando sono nato.
Muto. Non riuscivo ad emettere parola, per me che ci campo di parole. Davanti,
che ti tocco con mano. Vorrei. Succederà, giuro. Felicemente tramortito di quel
tramortire che non sono più me stesso, ma sono altro da me e vorrei rimanere così.
Muovo la prima gamba e poi la seconda, con un ritmo che non è proprio di
nessuna persona umana. Ballavo un ballo inesistente, senza musica intorno. Ventre
pieno di algoritmi. Ipotesi, calcoli, istinto. Tre cose che si agitano con me. La tua voce
che parla e i miei occhi che ascoltano. Allargo la visione. In un secondo: la
foto, il silenzio, la verità. Pezzi singoli che chiudono e aprono il cerchio
come delle nuvole che muovono davanti al sole. Perdita di ogni tipo di
inibizione. Abbiamo squagliato i tempi. Ora se fosse possibile vorrei che ci
teletrasportassero su di un pezzo di vita solonostro. Potremmo dirci tutte le cose senza dover per
forza aspettare e cogliere l’attimo. Potremmo sprofondare in quello che è stato
e che, vorremmo, sarà. Sentire se i battiti nostri sono all'unisono. Toccarci la pelle
per capire molte cose senza dovercele dire. Silenzio. Poi i titoli di coda. Ma
se ho lasciato correre la mia vita tutte le volte che ho voluto, ora no, non è
così. Ora, più di mai, ognisantogiorno, sei respiro.