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mercoledì 9 gennaio 2013

Dove finisco le farfalle? Alcune 'cose' viste durante lo scorso anno

 

Sia chiaro, quanto segue non è il risultato di quello che gli esperti chiamano: “Christmas Blues, quella tristezza che accompagna i giorni di festa, una malinconia che può rendere più apatici e tristi del solito”. Quanto segue è il totale della medesima operazione: come fossi un'automa passo tutto l'anno incamerando immagini, parole, per poi mischiarle in una sorta di shaker mentale, che puntualmente riverso su carta in questo periodo. Sono cose che vivo o che altri attorno a me fanno rivivere; sono circostanze, condizioni, episodi; sono il tempo che passa inesorabile sulle teste di tutti, tutti. Frasi scritte sui libri, sequenze di film, amici o conoscenti che mescolano le carte della loro vita. Sono considerazioni mie, ma che dedico opportunamente anche a voi. Quasi sempre, in barba alla miriade di problemi seri che attanagliano l'esistenza, si finisce ineluttabilmente a parlare/scrivere di LOVE. Da qualsiasi parte voi vogliate incolonnarvi, sappiate che c'è solo ed esclusivamente una questione: amare. Milioni di libri, milioni di cose dette, che quasi sempre sono inferiori a quelle non dette, persone di ogni sesso e natura che si contorcono le budella per capire. Forti della filosofia per cui 'li fuori, nonostante tutto, da qualche parte c'è l'amore', sguinzagliano le farfalle con la speranza che possano tornare indietro ritte in pancia. Avete fatto caso che le farfalle non si vedono più neanche nei giardini? Metafora o non, il problema, come sempre, è serio. Se c'è chi, e sono tanti, le scioglie dalle briglia, perché queste stronze non si vedono più volare in giro? L'atteggiamento più emblematico in queste circostanze è quello che caratterizza la stragrande maggioranza degli umani: il vado non vado, il dico non dico. Credo che sia uno dei movimenti, inteso come azione fisica, più gettonato. Minuti, ore, giorni, settimane, mesi. Tempo che nega tempo. Respingendo al mittente la possibilità di usare un'arma in dotazione qual'è l'istinto, si preferisce adoperare la calcolatrice, anche quella venduta dai cinesi, per farsi due conti. Ma è la realtà l'attrezzo che sputa il totale inconfutabile, e che quasi sempre vi indica come debitori. Game over! Eccovi ad un altro passo, quello del mirino da ricalibrare, ma nel mentre siete già arrivati alla fine dell'anno. D'accordo, non vuol dir nulla. I Maya hanno detto una cazzata e siete sopravvissuti. Avete sperato che fosse vero, così vi sareste tolti il pensiero fisso che vi scorre nelle vene: amare. Ma siete ancora in pista, e anche se stremati dalla fatica non potete chiudere gli occhi e scivolare via. Ballare! Ballare sulla vita; ballare sulle vostre incertezze; ballare sull'incapacità vostra e degli altri; ballare sul fatto che credevate di avercela messa tutta, ma in realtà avete completamente sbagliato l'ingaggio. Il sociologo francese Jean-Clude Kaufmann sottolinea che “la delusione è inevitabile quando si cercano troppe cose contrastanti: amore, sesso, libertà, relazioni”. Da quello che ho visto e sentito, credo che questo 'odioso' (perché francese) sociologo abbia colpito nel segno. Cosa si fa? Scegliete nel mazzo e portate a casa a prescindere? Rubate l'intero incasso e sparite dal giro? Decidete di prendere tutto e vedere qual'è il finale, costi quel che costi? Sappiate che ogni tipo di impresa voi intendiate fare non sarà mai quella giusta. Se per paradosso passate davanti ad una roulette puntate pure tutto, e più facile pizzicare il numero/colore lì, che capire cosa riempie la mente della testa prescelta. Ed ecco il nuovo anno. Siete pronti ad una nuova sfida. Concentrati come quando dovete imbroccare il vasetto del pesciolino rosso con la pallina. Sì, fate così, concentratevi. Sappiate infatti che l'unico errore che non dovete mai commettere è quello di distrarvi. La disattenzione vi porta dritti, dritti nel baratro della sconfitta. L'altro/a è lì, a due passi, fissatelo/a nelle palle degli occhi e parlategli senza fiatare. In tutto questo però, tenente ben presente quello che diceva lo scrittore e saggista statunitense Kurt Vonnegut, e che dovreste tatuarvi sulla pelle: "Per favore, un po' meno d'amore e un po' più di dignità."

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