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giovedì 14 giugno 2018

Uno, due, tre, stella!


Sei stata seduta troppo tempo senza muovere gli occhi. Tutto quello che passava di lì, per te, era noia profonda. Anche quando dicevi che non importa; anche quando dicevi che niente ti scalfisce. Se tu avessi raccolto quel fiore, quel dato giorno, ti saresti sentita omologata. Hai preferito scegliere di rimanere inerme, fredda, distante anni luce dalla consuetudine che ti circonda. A volte potrebbe sembrare disprezzo per l'abitudine, ma è solo bieco atteggio. Hai ruggito quando c'era da attaccare, pianto quando sprofondavi nell'anonimato. La dura legge di chi si impone di essere ciò che non è. Questa cattiva necessità di avere orgoglio da vendere, senza averlo comprato. Alla fine, neanche tanto in fondo, le cose si manifestano per quello che sono: giustezze. In pochi colpi hai voluto costituire un decennio fatto di vorrei ma non posso. Giocando giochi che sapevi di non poter giocare, senza neanche avere la capacità di bluffare. Se solo ti fossi fermata una montagna prima e non lungo quella discesa desolata. Avresti dovuto essere più coerente con te stessa e meno presuntuosa di un talento che evidentemente era assente. Ora s-tendi mani invece di panni sporchi, ma non è più il caso di tramare. Si rompono assuefazioni, strappano faticose prassi, vuoi che non si chiuda un tondo? La fine è oramai nota: e se per per alcuni resta un un vuoto colmabile, per altri resta quel che resta.



martedì 5 giugno 2018

Parole sacrosante

Uno scatto mancato, una copertina di giornale e la dannata consapevolezza che non ero. Un miliardo di secondi intercorsi, ma forse di più. Arrivi, partenze e poi mancati arrivi. Un giorno dietro l'altro ad inventarsi cose, piuttosto che planare su di te e su questi tempi meno scuri. Ora, adesso e qui sono parole sacrosante. Ora, adesso e qui, come per magia, sono parole sacrosante che non servono più.