Sei
stata seduta troppo tempo senza muovere gli occhi. Tutto quello che
passava di lì, per te, era noia profonda. Anche quando dicevi che
non importa; anche quando dicevi che niente ti scalfisce. Se
tu avessi raccolto quel fiore, quel dato giorno, ti saresti sentita
omologata. Hai
preferito scegliere di rimanere inerme, fredda, distante anni luce
dalla consuetudine che ti circonda. A volte potrebbe sembrare
disprezzo per l'abitudine, ma è solo bieco atteggio. Hai ruggito
quando c'era da attaccare, pianto quando sprofondavi nell'anonimato.
La dura legge di chi si impone di essere ciò che non è. Questa
cattiva necessità di avere orgoglio da vendere, senza averlo
comprato. Alla fine, neanche tanto in fondo, le cose si manifestano
per quello che sono: giustezze. In pochi colpi hai voluto costituire
un decennio fatto di vorrei ma non posso. Giocando giochi che sapevi
di non poter giocare, senza neanche avere la capacità di bluffare.
Se solo ti fossi fermata una montagna prima e non lungo quella
discesa desolata. Avresti dovuto essere più coerente con te stessa e
meno presuntuosa di un talento che evidentemente era assente. Ora
s-tendi mani invece di panni sporchi, ma non è più il caso di
tramare. Si rompono assuefazioni, strappano faticose prassi, vuoi che
non si chiuda un tondo? La fine è oramai nota: e se per per alcuni
resta un un vuoto colmabile, per altri resta quel che resta.
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giovedì 14 giugno 2018
martedì 5 giugno 2018
Parole sacrosante
Uno scatto mancato, una copertina di giornale e la dannata consapevolezza che non ero. Un miliardo di secondi intercorsi, ma forse di più. Arrivi, partenze e poi mancati arrivi. Un giorno dietro l'altro ad inventarsi cose, piuttosto che planare su di te e su questi tempi meno scuri. Ora, adesso e qui sono parole sacrosante. Ora, adesso e qui, come per magia, sono parole sacrosante che non servono più.
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