Sono rimasto quattro corte/lunghe
ore in piedi, appoggiato al telaio della finestra del balcone. Davanti solo il
muro color giallosmarrito del palazzo di fronte. Senza sapere come, pur trovando mille motivazioni, ero in attesa di alcunché,
che evidentemente non sarebbe mai arrivato. La sensazione postuma di fare qualcosa
di insensato per più del dovuto mi ha sfiorato la mente e poi si è distrutta
vana sul marciapiede di sotto. Ad ogni tocco godevo dell’idea, cementatasi in
fatto, che ero lì da tempo senza aver arcato nemmeno un sopraciglio.
Ero in
piedi, ma disteso sui pensieri già passati. Ho così ripescato attimi che credevo
letteralmente sotterrati. Paure, incredulità, testamenti. Non lo so se si
trattava di solitudine. Passavano persone, cose, animali, t e m p o.
Inesorabile ero lì, dritto come un vestito steso. Fluttuavo tra l’idea di cosa
avrei fatto senza amore e cosa avrei fatto per amore. Ma anche se mi arrivavano
risposte dall'inconscio, come si fa a bollare per sicure delle invisibili vibrazioni?
Come si fa a sottoscrivere certezze dopo aver visto e sentito montagne di
cenere?
Era ottobre, i primi giorni del mese. C’era quel soffio unico ed indescrivibile. Io, vestito di poco,
non muovevo la spalla dall'infisso. Gli occhi non lasciavano andare i dintorni.
Fermo immagine di me stesso, senza sapere quando sarebbe arrivata l’ora dei
saluti. In questo concerto di stupori mi
arrovellavo le corde dell’anima per un fascio di luce. Anche questo è passione.
Miracolosamente fuggivo dalla timidezza e mi impuntavo sul valore del presente.
Ma l’azione, unica vera chimera, passa attraverso una inesorabile quota di
coraggio.
Incomunicabilità e temerarietà: scopro non piacevolmente che vanno di
pari passo. Saper fuggire dal dubbio dello scontro per poi lanciarsi a
capofitto. Non è più teoria, è utilità. Le rarissime volte che ho oltrepassato
la cortina è stato con inganno. Sono pezzi di vita che mi sono costati pugni di
carezze.
Mi sorprendevo così della
attitudine di lei di voler sfidare il mondo sempre e comunque. Non fermavo il
montaggio mentale dei desideri. Riscoprire dopo tanta generazione di voler
soffrire ancora non è bestemmia, è follia! D'altronde una vita che resta appesa
sul marmo non può
per niente al mondo definirsi usuale. Non
sapevo nemmeno che ore erano. Non volevo interrompere il viaggio pur stando fermoimmobile.
Carico di niente miravo agli occhi. Carico di niente mi esaltavo del vuoto. Non
c’era lei, non ci sarebbe stata, ed io avevo solo voglia di stare lì! Se
pensate per metafore è presto fatto. Per stringersi a perdifiato c’è bisogno di
sgomitare. Un pezzetto fragile di nanosecondo. Un prendere respiro, chiudere
gli occhi e gridare a squarciagola: i o s o n o q u i.
Antonio Di Trento
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