Oggi, proprio oggi, non servono parole, non serve tormento, ma solo sogno. Il destino di chi nasce col caldo e la sabbia nelle scarpe. Ma “io musico ambulante vorrei stare in cento case o in un motel”.
Non ho mai carpito la tristezza nuda e cruda, ma credo eternamente a quella corroborante. Quegli attimi di pelle alta due metri che pure se tornano alla mente ambulatori di sentimenti trovo ricovero nelle cose più banali, ma per banali che siano sono lì, dietro alle mie spalle, davanti ai miei pensieri. “Sì, non ci si può fidare di uno che vivrebbe bene in un motel”.
Di corsa, come sempre da una vita. Senza badare al fiato che manca, alle persone che ti si parano davanti. Poi, come semplice arrivo, l’idea mai definita di approssimazione. “Via, mentre sto parlando tu sei già lontana, è passato il vento e non ci sei più, forse ti vedrò volare sullo stesso mare”.
Se non oggi, quando? Che per quanto non me ne importi dentro a questo sangue scorre il rosso di quella notte del settantuno; che per quanto non me ne importi dentro questo sangue scorre la vita vissuta biasimando la responsabilità. Sempre in bilico tra gli umori del passato e la non curanza di domani. “Parli ma non sento, c'è ancora troppo vento, non c'è niente di fermo, di certo, e nemmeno tu”.
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