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giovedì 26 settembre 2019

Millenovecentosettanta



Come si poteva sentire quella donna mentre andava, dove andava, si può solo ipotizzare. Anche dopo, al ritorno, in un messaggio vocale, si percepiva “solo” dignità. L’amarezza  per come era andata, l’angoscia per come si sarebbero dovuti evolvere i fatti, l’irrequietezza per non aver potuto chiudere la questione, unavoltapertutte, non apparivano, per lo meno non tornavano a galla. Dignità, cristo. Due visi spensierati in attesa. Quattro bracciaspiegate. Corpi vividi di chi non sapeva e non doveva sapere.  Poi la vita che continua a roteare. Non esiste un pulsante per mettere pausa ai respiri, agli sguardi, alle parole, alla rabbia. Esiste lo scorrere. Secondomesecondotesecondovoi. E’ una pellicola temporale dove si barcamenano dentro tutti, con i carichi di mente e di pelle. Uno zainetto allegorico dietro le spalle, che col suo peso, costringe volutamente a ricordare. Se sorridi si apre e tira fuori livore, se piangi non ti porge neanche un foulard. Quello che aveva lei addosso era capiente, non certo perché racchiudeva gli episodi di una lunga vita vissuta, ha solo quarant’anni, ma perche erano stati vissuti alla velocità della luce, senzarenderseneconto e soprattutto senza arrendersi al destinoferoce! Senza arrendersi alle occasionisbagliate! Tornava nella sua carreggiata, quella di dieci anni tondi e forse qualche attimo in più. Pioveva, perché in quegli istanti se non piove non sembra neanche vero. Allora dignità, quella della domenica in giro per la città con la schiena dritta;  quella di una lettera scarlatta scucita con forza, due secondi dopo l’uscita di scena del coprotagonista. Adesso, una leggera brezza settembrina le avvolge tutta la faccia e le ricorda, giocando d’anticipo sulla puntualità del carico di materiale impietoso sul dorso, che nonostante tutto c’è una magnificenza da liberare, c’è una patina da cancellare, c’è una vita da abbellire. 

giovedì 5 settembre 2019

Come abbiamo fatto, io non lo so… Volume 3



A credere di poter fare a meno della pelle usando la ragion pura; a non essere autentici neanche infacciaadunospecchio. Come abbiamo fatto, io non lo so…a non sgolarci dentro quel silenzio assordante; a non essere, minimamente, toccati da quel malcelatodolore; ad essere gonfi di una superbia che ci lacerava le facce.  Come abbiamo fatto, io non lo so…a credere nell’assoluzione per mano dello spirito santo; a camminare nella direzione deformata e contraria pur di non intaccare lagiàvendutadignità; a credere nella finzione, piuttosto che spalancare gli occhi sul quiedora; a dare credibilità, fosse solo per una cazzodivolta, alla nostra effettiva identità. Come abbiamo fatto, io non lo so…ad essere stati estranei a noi stessi anche dopo tutte quelle lenzuola sporcate; a non sentire, anche davanti al fattocompiuto, che l’odore era quello stantio della notte più nera. Come abbiamo fatto, io non lo so…a non affogare in uno stagno profondozeppo di fesserie; a non scoppiare, dopo esserci scorticati la mente; a non patire il gelopiùfreddo dopo che ci siamo detti a mai più. 


martedì 3 settembre 2019

Transito


Resterei se avessi il cuore gonfio. Resterei se avessi le parole per parlarti. Resterei se non fossi così nomade nell'anima. Resterei se avessi i piedi per terra e non a mille miglia da te. Resterei se avessi calore da darti, soprattutto durante le bufere. Resterei  se fossi un uomo che resta. Resterei se riuscissi a scrutarti anche tra tante te.  Resterei se non avessi in dote il dono dell’irrequietezza. Resterei se la mia pelle mi intimasse di rimanere. Resterei se guardandoti negli occhi scrutassi la fine dei giorninostri. Resterei se non avessi quella dannata voglia di valicare i turbamenti. Resterei se non servisse troppotempoancora. Resterei se dopo le continue gelate arrivasse qualche odore di sole. Resterei se avessi scelto di restare. Resterei se tu avessi scelto di non farmi andare. Resterei se non fossi troppo contorto con me stesso.  Resterei se ci fosse anche una sola flebile fiammella accesa dentro questo buio atroce. Resterei per restare, se non avessi deciso, “in un solo minuto, un attimo ancora” di voltarmi dall’altra parte.