Come si poteva sentire quella
donna mentre andava, dove andava, si può solo ipotizzare. Anche dopo, al
ritorno, in un messaggio vocale, si percepiva “solo” dignità. L’amarezza per come era andata, l’angoscia per come si
sarebbero dovuti evolvere i fatti, l’irrequietezza per non aver potuto chiudere
la questione, unavoltapertutte, non apparivano, per lo meno non tornavano a
galla. Dignità, cristo. Due visi spensierati in attesa. Quattro bracciaspiegate.
Corpi vividi di chi non sapeva e non doveva sapere. Poi la vita che continua a roteare. Non
esiste un pulsante per mettere pausa ai respiri, agli sguardi, alle parole, alla
rabbia. Esiste lo scorrere. Secondomesecondotesecondovoi. E’ una pellicola temporale
dove si barcamenano dentro tutti, con i carichi di mente e di pelle. Uno
zainetto allegorico dietro le spalle, che col suo peso, costringe volutamente a
ricordare. Se sorridi si apre e tira fuori livore, se piangi non ti porge
neanche un foulard. Quello che aveva lei addosso era capiente, non certo perché
racchiudeva gli episodi di una lunga vita vissuta, ha solo quarant’anni, ma perche erano stati vissuti alla velocità della luce, senzarenderseneconto e soprattutto senza arrendersi al destinoferoce! Senza arrendersi alle
occasionisbagliate! Tornava nella sua carreggiata, quella di dieci anni tondi e
forse qualche attimo in più. Pioveva, perché in quegli istanti se non piove non
sembra neanche vero. Allora dignità, quella della domenica in giro per la città
con la schiena dritta; quella di una
lettera scarlatta scucita con forza, due secondi dopo l’uscita di scena del
coprotagonista. Adesso, una leggera brezza settembrina le avvolge tutta la
faccia e le ricorda, giocando d’anticipo sulla puntualità del carico di
materiale impietoso sul dorso, che nonostante tutto c’è una magnificenza da liberare,
c’è una patina da cancellare, c’è una vita da abbellire.
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giovedì 26 settembre 2019
giovedì 5 settembre 2019
Come abbiamo fatto, io non lo so… Volume 3
A credere di poter fare a meno della pelle usando la ragion pura;
a non essere autentici neanche infacciaadunospecchio. Come abbiamo fatto, io
non lo so…a non sgolarci dentro quel silenzio assordante; a non essere,
minimamente, toccati da quel malcelatodolore; ad essere gonfi di una superbia
che ci lacerava le facce. Come abbiamo fatto, io non lo so…a credere
nell’assoluzione per mano dello spirito santo; a camminare nella direzione
deformata e contraria pur di non intaccare lagiàvendutadignità; a credere nella
finzione, piuttosto che spalancare gli occhi sul quiedora; a dare credibilità,
fosse solo per una cazzodivolta, alla nostra effettiva identità. Come abbiamo
fatto, io non lo so…ad essere stati estranei a noi stessi anche dopo tutte
quelle lenzuola sporcate; a non sentire, anche davanti al fattocompiuto, che
l’odore era quello stantio della notte più nera. Come abbiamo fatto, io non lo
so…a non affogare in uno stagno profondozeppo di fesserie; a non scoppiare,
dopo esserci scorticati la mente; a non patire il gelopiùfreddo dopo che
ci siamo detti a mai più.
martedì 3 settembre 2019
Transito
Resterei se avessi il cuore gonfio. Resterei se
avessi le parole per parlarti. Resterei se non fossi così nomade nell'anima.
Resterei se avessi i piedi per terra e non a mille miglia da te. Resterei se
avessi calore da darti, soprattutto durante le bufere. Resterei se fossi un uomo che resta. Resterei se
riuscissi a scrutarti anche tra tante te.
Resterei se non avessi in dote il dono dell’irrequietezza. Resterei se
la mia pelle mi intimasse di rimanere. Resterei se guardandoti negli occhi
scrutassi la fine dei giorninostri. Resterei se non avessi quella dannata
voglia di valicare i turbamenti. Resterei se non servisse troppotempoancora.
Resterei se dopo le continue gelate arrivasse qualche odore di sole. Resterei
se avessi scelto di restare. Resterei se tu avessi scelto di non farmi andare.
Resterei se non fossi troppo contorto con me stesso. Resterei se ci fosse anche una sola flebile
fiammella accesa dentro questo buio atroce. Resterei per restare, se non avessi
deciso, “in un solo minuto, un attimo ancora” di voltarmi dall’altra
parte.
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