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giovedì 7 novembre 2024

In morte di Q



Quincy Jones aveva 91 anni e, a parte quelli dell’infanzia, li ha trascorsi tutti con le note in mano. Quincy Jones era, indubbiamente, un genio. A Chicago, il padre gli regala una tromba e lui, a scuola, impara a suonarla. A Seattle, alto poco più di un tavolo, conosce Ray Charles: suonano di giorno e di notte, piano e tromba, tromba e piano. Cuciono e scuciono partiture. Chissà se qualcuno ha mai profetizzato cosa sarebbero diventati. A 18 anni potrebbe studiare al Berklee College of Music di Boston, ma la musica da suonare prende il sopravvento su quella da studiare, e parte in tournée con un certo Lionel Hampton. Quattro anni di su e giù, durante i quali scopre di avere una particolare propensione per comporre e arrangiare canzoni. Si ferma a New York e, come una macchina rotativa, arrangia dischi per Count Basie, Sarah Vaughan, e Dinah Washington. Non ne sbaglia una. Non ne sbaglierà una!

 

Se prima voleva solo suonare, ora sa che deve studiare. A Parigi è tempo di teoria e composizione musicale, ma anche di collaborazioni con Henri Salvador, Charles Aznavour e Jacques Brel. Bravo con le note, meno con i numeri, torna a New York in difficoltà economiche. Frank Sinatra, Barbra Streisand e Tony Bennett si affidano a lui. Hollywood chiama, e Q risponde. A Los Angeles realizza colonne sonore su colonne sonore. Momento topico: la sua creatività lievita, diventando “qualcosa” che va oltre. Oltre la circoscrizione dei generi musicali, oltre il pensiero produttivo dominante e limitante. OLTRE. Con finta incoscienza e fare certosino, elabora tutto il suo vissuto sonoro fino a quel momento: lo shakera, lo mescola, lo dosa, lo dilata. Nel ’74, il primo di una serie di pit stop: aneurisma cerebrale. Ma se nasci genio, non puoi durare poco. Gli è vietato suonare la tromba, ma non realizzare capolavori. Ed ecco Off the Wall di Michael Jackson: 30 milioni di copie vendute. Quincy Jones diventa di fatto il più potente produttore musicale al mondo. Orecchio teso in cuffia. Rimescola, rimugina, ruba futuro, ma per farne presente musicale. E ancora record: Thriller, 110 milioni di copie. Ancora oggi, il più venduto di sempre. Ancora oggi non c’è possibilità per nessuno di farne altre o diverse riletture di quelle partiture: sono righe zeppe di ispirazioni che non lasciano spazio all’improvvisazione.

 

Ovviamente, in questi anni non produce solo per gli altri, ma anche molto per sé. Nascono così veri e propri capolavori senza tempo, tra cui spicca The Dude. E poi ancora collaborazioni, tante, troppe da ricordare e impossibili da elencare. Piovono successi, piovono Grammy, piovono matrimoni. Nel 1985, forte della sua grande influenza nel mondo della musica, con l’aiuto di Michael Jackson, raduna molti dei maggiori artisti americani. In una sola notte realizzano un sogno, quasi un’utopia: We Are the World, una canzone nata per raccogliere fondi per le vittime delle carestie in Africa. Un episodio che non si ripeterà più, ma che stupì e commosse letteralmente tutto il mondo. Produzioni e ancora produzioni, un lavoro continuo e incessante: Aretha Franklin, Chaka Khan, George Benson, Donna Summer, sempre e solo per citarne alcuni. Tutte hit, nessun out. Gli ingredienti possono anche essere gli stessi, ma sono i dosaggi e il tocco magico che contano, e Q sa bene come fare; d’altronde, è un genio.

Inoltre, sia la sua biografia che il documentario girato da una delle figlie, disponibile su Netflix, sono un manifesto su carta e pellicola di quello che è stato il suo incessante e straordinario lavoro: un lavoro che sopravviverà al tempo e che ha ispirato e ispirerà generazioni di artisti. 


È vero, Q è morto, ma solo fisicamente!

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